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Sellano, il ponte tibetano: lassù, sospesi nel vuoto e accarezzati dal vento

Attilio Gubbiotti Attilio Gubbiotti, sindaco di Sellano

"Andate pure, io resto qui". Brunello Cucinelli ringrazia, ma declina l'invito del sindaco di Sellano, Attilio Gubbiotti, a percorrere il ponte tibetano. Dopo il taglio del nastro restano con lui anche il commissario per la ricostruzione post sisma Guido Castelli, l'assessore regionale Paola Agabiti e il presidente del consiglio regionale Marco Squarta.
Essere tra i primi, nella giornata inaugurale, ad attraversare il ponte tibetano più alto d'Europa provoca un po' di ansia oltre che una certa emozione. Non tanto per il fatto di dover attraversare una passerella sospesa nel vuoto, quanto per essere, appunto, tra i primi in assoluto.
Noi del Corriere accettiamo l'invito: il fotografo Giancarlo Belfiore fa addirittura da apripista come primo assoluto. Deve immortalare le autorità e, quindi, ha la precedenza. Noi ci accodiamo al sindaco, accompagnato dalle sue giovanissime figlie. Reggerà? E' la domanda che ti passa subito in mente mentre ti senti come una cavia da laboratorio all'inizio di un esperimento e ti stanno imbragando con un sistema di sicurezza, simile a quello che usano gli arrampicatori, che ti terrà legato a uno dei cavi d'acciaio del ponte, lungo tutto il percorso, con un gancio che non potrai mai staccare. Ti avvicini al punto di partenza, assicuri quindi la corda della tua imbracatura al cavo facendo prima passare il gancio, attraverso l'unica sottilissima fessura che ha, in una specie di piccola lama simile ad altre 15 che poi troverai nel percorso ai punti di giunzione del cavo di sicurezza. E' tutto studiato alla perfezione per evitare che, anche per un solo attimo, ci si trovi senza un legame al cavo.
Bene, pronti, via. Ma prima qualcuno ti consiglia di mettere al sicuro gli oggetti che hai nelle tasche, a cominciare dal telefonino. "Sappi - ti informano - che, se cade qualcosa, da lì dove arriva non lo recupererà mai nessuno. Ci sono punti nella valle e nelle scarpate che stai per attraversare dove non atterrerebbe nemmeno un drone...". "Va be' - rispondo io - se cade il telefonino mi libero comunque di un torturatore; il problema semmai è se cado io...". "Stia tranquillo - mi rispondono -, se per un qualsiasi motivo dovesse perdere l'equilibrio sulla passerella resterebbe comunque attaccato al cavo di sicurezza. Anche se rimanesse sospeso qualcuno la verrebbe subito a salvare...". Cominciamo bene, ci vuole qualche scongiuro di rito...
Il primo passo è il più facile. Guardi avanti e ti fai coraggio. Capisci che ti troverai sospeso nel vuoto, ma ancora non hai piena consapevolezza di quello che poi realmente ti aspetta. Il bello, infatti, inizia dal secondo passo, perché solo allora ti rendi conto che il percorso da compiere qualche difficoltà ce l'ha. Innanzitutto la passerella, tutta in metallo, è circondata dai cavi, due dei quali fungono da corrimano, ma non ha un pavimento continuo: sono tutte traverse orizzontali, tra le quali c'è il vuoto, che devi percorrere alternando i piedi come sui pioli di una scala. Inoltre subisce lievissime oscillazioni a ogni folata di vento. Nulla di eccezionale e di così spaventoso da farsi prendere dal terrore, ma se si soffre di vertigini meglio stare fermi alla partenza e vedere gli altri andare sulla passerella.
Ti avvii così lungo un percorso in leggera salita, facendo molta più attenzione a dove metti i piedi che al panorama che hai attorno, almeno fino a quando non capisci di aver acquisito una certa pratica nel muovere i passi e nei passaggi del cavo di sicurezza ai punti di giunzione. Ecco, quindi, che di tanto riesci a concederti anche qualche breve sosta per ammirare lo scenario attorno. E anche quello che ti trovi di sotto, dove spiccano due laghetti, il più piccolo che gli abitanti del luogo hanno ribattezzato LochNess e il più grande, di Vigi, entrambi artificiali e un tempo ricchi di gustosi gamberetti, ormai quasi estinti anche se super protetti.
E' in questo momento che percepisci in pieno il valore dell'impresa che stai compiendo: ti ritrovi da solo, a 175 metri di altezza, accarezzato dal vento, con qualche nuvola che ti sembra quasi di poter toccare. E riesci ad ammirare una grande vallata circondata dalle vette della Valnerina. Sì, pensi, ne valeva davvero la pena. E ti dimentichi che poco prima (quando avevi avuto la percezione delle difficoltà iniziali) avresti quasi preferito tornare indietro. Superata la metà del ponte ti illudi di essere ormai al termine, ma in verità manca ancora molto. Soprattutto, più ti avvicini alla meta e più ti accorgi che la distanza dal suolo non diminuisce con altrettanta rapidità. "Se cado posso farmi ancora molto, ma molto male...". Ecco, quindi, che a questo punto scatta un po' di senso di sopravvivenza e cominci ad accelerare. Ma è qui che la fretta può giocare qualche brutto scherzo: basta un passo che capisci di aver compiuto male che ti tocca tirare un sospiro per una nuova iniezione di coraggio.
Il cammino volge al termine, un ultimo sguardo al panorama e sei arrivato. C'è chi ti aspetta ed è pronto ad accoglierti per le ultime formalità: il gancio deve passare di nuovo in una lamella, ma è l'ultima e come per magìa ti ritrovi senza più un legame al cavo di sicurezza. Togli l'imbracatura e ti avvi verso il pullmino che dovrà riportarti a Sellano. Il ponte, infatti, si percorre in un solo senso. Impossibile tornare indietro se non a piedi, lungo una strada o tramite il servizio navetta organizzato dal Comune. L'arrivo, comunque, riserva la sorpresa più bella. Si giunge, infatti, ai piedi di un luogo incantato: il castello di Montesanto. Un paesino abitato da una decina di persone, ricco di storia, con scorci fantastici, tutto da ammirare: uno dei tanti tesori della Valnerina che anche molti di noi umbri spesso ignoriamo. E che ora il ponte renderà sicuramente famoso.
Se avete paura di affrontare la passerella tibetana, non c'è problema: a Montesanto ci si può arrivare anche in auto. Vale il viaggio. Più del ponte. Ma il ponte è sicuramente un buon pretesto per arrivare fin qui.
P.S.: Se salite sul tibetano non dimenticate un paio di guanti. O al termine del percorso vi arruoleranno nella tribù delle mani nere.
sergio.casagrande@gruppocorriere.it
X: @essecia

Sergio Casagrande inizia l'attività giornalistica all'età di 14 anni, nel 1981, come collaboratore de Il Tempo e della Gazzetta di Foligno. E' stato il più giovane pubblicista (1985), il più giov...