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Formula 1, Ayrton Senna e la favola del campione che parlò con Dio. Trent'anni fa l'ultima corsa

Ayrton Senna Ayrton Senna

Sono passati 30 anni da quel maledetto giorno, quel primo maggio 1994 che ha lasciato un segno indelebile nello sport e su tutti i suoi appassionati. Dopo l'impatto contro il muro del Tamburello, la fiamma di Ayrton Senna si spegneva. E insieme alla sua giovane vita, si perdeva come il vento la passione di tante persone che, 30 anni fa, si trovarono inermi di fronte al beffardo destino che ha colpito Magic. 30 anni. Sembra passata una vita. Anche per la stessa Formula 1, che da quel weekend di Imola decise di dare una svolta totale all'argomento sicurezza nei circuiti. Forse a discapito del divertimento, ma sicuramente per non far vivere più allo sport una giornata come quella. 30 anni fa.
I tifosi che si trovavano in Romagna e davanti alle tv non volevano credere a quello che avevano visto. Il movimento innaturale del collo dopo lo schianto, poi il silenzio sugli spalti. Tutti gli spettatori hanno notato quel casco giallo e verde adagiarsi sulla parte laterale dell'abitacolo, con il corpo che si rilassava, come fosse caduto tra le braccia di Morfeo. Lo spirito di Senna è volato in alto, non c'è più. Il mondo dello sport era diventata orfana di una persona indomita, mai banale. Per certi versi spietata. Sì, perché Senna era la competizione fatta persona. Un concentrato di talento e preparazione meticolosa. Fu grazie a lui che le persone iniziarono a vedere un pilota di Formula 1 come un vero e proprio sportivo, al pari di Michael Jordan o Roberto Baggio.
Leggendarie furono le lotte con Alain Prost, il grande rivale. Delle bagarre che in alcuni casi sono diventate delle fotografie della storia del motorsport. Dei momenti che si macchiarono anche di atti recriminabili, come quello accaduto nel 1990 a Suzuka, con Senna che buttò fuori Prost e si laureò campione del mondo. Ma non ci fu solo il francese. A battagliare con Senna anche Nigel Mansell visse momenti indimenticabili con il brasiliano. Un pilota meraviglioso quanto irruento alla guida, il leone d'Inghilterra si guadagnò il rispetto e l'amicizia di Senna dopo aver incrociato con Magic, oltre alle macchine, anche i pugni, con i famosi fatti del Gp belga del 1987. 30 anni fa se ne andava una persona che mai, prima d'ora, aveva saputo unire un paese intero. Il Brasile confidava in Ayrton, l'uomo che aveva deciso di aiutare, silenziosamente, le nuove generazioni della sua nazione. Senna non faceva parte dei "Favelados".
Era un benestante, un figlio cresciuto lontano dalla miseria. Ma Ayrton aveva coscienza, sapeva che il suo ruolo da privilegiato poteva aiutare a colmare le disuguaglianze che colpiscono il mondo. L'Instituto Ayrton Senna continua oggi a creare opportunità di sviluppo umano per i giovani brasiliani, in collaborazione con imprese, governi, comuni, scuole, università e Ong. Ma quel giorno di 30 anni fa, Senna prima di tutti si rese conto che Dio non gioca a dadi. Sulla griglia di partenza a Imola, Ayrton, dentro la sua Williams numero 2, si presentava per la prima volta senza casco ai posti di partenza. Gli occhi chiusi che puntano verso l'alto. 30 anni fa Senna ha sentito la presenza di qualcuno. Forse era proprio quel Dio tanto venerato dal brasiliano, che la notte prima della gara fatale gli mandò un segnale. Come raccontato dalla sorella Vivienne, "Quel giorno Ayrton chiese a Dio di parlargli, aprì la Bibbia e lesse un passo in cui c'era scritto che quel giorno Dio gli avrebbe fatto il dono più grande di tutti, cioè Dio stesso". Nulla mi può separare dall'amore di Dio, disse Senna. Un amore che 30 anni fa ci ha strappato dalle mani il mito di mister pole position (i 65 giri veloci in carriera sono stati battuti dai soli Schumacher e Hamilton, due che hanno avuto una carriera molto più lunga). Senna è scomparso dentro quell'abitacolo, tenendo vicino a sè una piccola bandiera dell'Austria. Sì, perché in quel weekend di Imola, a perdere la vita fu anche Roland Ratzenberger. Un giovane e talentuoso pilota che sognava di diventare il nuovo Senna, e che per volere del destino lo ha preceduto nella stessa, triste, eroica sorte di 30 anni fa.

Luca Bernardini, classe 1996, è cresciuto in terra viterbese a pane, De André e Deep Purple. Tra una laurea e l?altra (lettere e filologia moderna), sei mesi in Argentina a Rosario, mantenendo la tr...